venerdì, settembre 28, 2007

Senza Pelle

Un giorno una persona mi disse che io non avevo nessun problema se non il fatto di essere nata senza pelle, senza quel minimo strato di protezione per cui sembra inevitabile far diventare tempesta anche il minimo soffio di vento. Ho scoperto questa canzone pochi mesi fa, grazie al caro amico Gian. Non so perchè, di fondo non ho mai vissuto una situazione simile a quella di cui si parla nel testo, ma mi smuove terribilmente, andando a toccare il punto oltre il quale nascono le mie insicurezze. Commentando recentemente un post di Eltorodeoro a riguardo, mi stupisce ogni volta pensare come questa canzone sia stata scritta da un uomo. Un uomo che parla come una donna se ascoltate bene le parole del testo. Un istante prima lui è l'oggetto della passione più sfrenata e distruttiva, un istante dopo è un bambino nelle mani di lei. Giochi di ruolo si potrebbe dire. Sì, proprio così.

My red Tee


giovedì, settembre 27, 2007

Apologia del bevitore (ovvero sulla consistenza del vero, la natura del piacere e la noia)

Non fatevi spaventare dalla lunghezza del post. Prendete cinque minuti e leggete questo dialogo tratto dalle Operette Morali di Leopardi. Il Dialogo tra Torquato Tasso e il suo genio familiare rimane uno dei miei preferiti. Torquato Tasso, nella solitudine della sua prigionia nell' Ospedale di S.Anna, inizia a dialogare con il suo Genio, che tenta di fargli compagnia. Buona lettura.


Genio. Come stai, Torquato?



Tasso. Ben sai come si può stare in una prigione, e dentro ai guai fino al collo.



Genio. Via, ma dopo cenato non è tempo da dolersene. Fa buon animo, e ridiamone insieme.



Tasso. Ci son poco atto. Ma la tua presenza e le tue parole sempre mi consolano. Siedimi qui accanto.



Genio. Che io segga? La non è già cosa facile a uno spirito. Ma ecco: fa conto ch'io sto seduto.



Tasso. Oh potess'io rivedere la mia Leonora. Ogni volta che ella mi torna alla mente, mi nasce un brivido di gioia, che dalla cima del capo mi si stende fino all'ultima punta de' piedi; e non resta in me nervo né vena che non sia scossa. Talora, pensando a lei, mi si ravvivano nell'animo certe immagini e certi affetti, tali, che per quel poco tempo, mi pare di essere ancora quello stesso Torquato che fui prima di aver fatto esperienza delle sciagure e degli uomini, e che ora io piango tante volte per morto. In vero, io direi che l'uso del mondo, e l'esercizio de' patimenti, sogliono come profondare e sopire dentro a ciascuno di noi quel primo uomo che egli era: il quale di tratto in tratto si desta per poco spazio, ma tanto più di rado quanto è il progresso degli anni; sempre più poi si ritira verso il nostro intimo, e ricade in maggior sonno di prima; finché durando ancora la nostra vita, esso muore. In fine, io mi maraviglio come il pensiero di una donna abbia tanta forza, da rinnovarmi, per così dire, l'anima, e farmi dimenticare tante calamità. E se non fosse che io non ho più speranza di rivederla, crederei non avere ancora perduta la facoltà di essere felice.



Genio. Quale delle due cose stimi che sia più dolce: vedere la donna amata, o pensarne?



Tasso. Non so. Certo che quando mi era presente, ella mi pareva una donna; lontana, mi pareva e mi pare una dea.



Genio. Coteste dee sono così benigne, che quando alcuno vi si accosta, in un tratto ripiegano la loro divinità, si spiccano i raggi d'attorno, e se li pongono in tasca, per non abbagliare il mortale che si fa innanzi.



Tasso. Tu dici il vero pur troppo. Ma non ti pare egli cotesto un gran peccato delle donne; che alla prova, elle ci riescano così diverse da quelle che noi le immaginavamo?



Genio. Io non so vedere che colpa s'abbiano in questo, d'esser fatte di carne e sangue, piuttosto che di ambrosia e nettare. Qual cosa del mondo ha pure un'ombra o una millesima parte della perfezione che voi pensate che abbia a essere nelle donne? E anche mi pare strano, che non facendovi maraviglia che gli uomini sieno uomini, cioè creature poco lodevoli e poco amabili; non sappiate poi comprendere come accada, che le donne in fatti non sieno angeli.



Tasso. Con tutto questo, io mi muoio dal desiderio di rivederla, e di riparlarle.



Genio. Via, questa notte in sogno io te la condurrò davanti; bella come la gioventù; e cortese in modo, che tu prenderai cuore di favellarle molto più franco e spedito che non ti venne fatto mai per l'addietro: anzi all'ultimo le stringerai la mano; ed ella guardandoti fiso, ti metterà nell'animo una dolcezza tale, che tu ne sarai sopraffatto; e per tutto domani, qualunque volta ti sovverrà di questo sogno, ti sentirai balzare il cuore dalla tenerezza.



Tasso. Gran conforto: un sogno in cambio del vero.



Genio. Che cosa è il vero?



Tasso. Pilato non lo seppe meno di quello che lo so io.



Genio. Bene, io risponderò per te. Sappi che dal vero al sognato, non corre altra differenza, se non che questo può qualche volta essere molto più bello e più dolce, che quello non può mai.



Tasso. Dunque tanto vale un diletto sognato, quanto un diletto vero?



Genio. Io credo. Anzi ho notizia di uno che quando la donna che egli ama, se gli rappresenta dinanzi in alcun sogno gentile, esso per tutto il giorno seguente, fugge di ritrovarsi con quella e di rivederla; sapendo che ella non potrebbe reggere al paragone dell'immagine che il sonno gliene ha lasciata impressa, e che il vero, cancellandogli dalla mente il falso, priverebbe lui del diletto straordinario che ne ritrae. Però non sono da condannare gli antichi, molto più solleciti, accorti e industriosi di voi, circa a ogni sorta di godimento possibile alla natura umana, se ebbero per costume di procurare in vari modi la dolcezza e la giocondità dei sogni; né Pitagora è da riprendere per avere interdetto il mangiare delle fave, creduto contrario alla tranquillità dei medesimi sogni, ed atto a intorbidarli; e sono da scusare i superstiziosi che avanti di coricarsi solevano orare e far libazioni a Mercurio conduttore dei sogni, acciò ne menasse loro di quei lieti; l'immagine del quale tenevano a quest'effetto intagliata in su' piedi delle lettiere. Così, non trovando mai la felicità nel tempo della vigilia, si studiavano di essere felici dormendo: e credo che in parte, e in qualche modo, l'ottenessero; e che da Mercurio fossero esauditi meglio che dagli altri Dei.



Tasso. Per tanto, poiché gli uomini nascono e vivono al solo piacere, o del corpo o dell'animo; se da altra parte il piacere è solamente o massimamente nei sogni, converrà ci determiniamo a vivere per sognare: alla qual cosa, in verità, io non mi posso ridurre.



Genio. Già vi sei ridotto e determinato, poiché tu vivi e che tu consenti di vivere. Che cosa è il piacere?



Tasso. Non ne ho tanta pratica da poterlo conoscere che cosa sia.



Genio. Nessuno lo conosce per pratica, ma solo per ispeculazione: perché il piacere è un subbietto speculativo, e non reale; un desiderio, non un fatto; un sentimento che l'uomo concepisce col pensiero, e non prova; o per dir meglio, un concetto, e non un sentimento. Non vi accorgete voi che nel tempo stesso di qualunque vostro diletto, ancorché desiderato infinitamente, e procacciato con fatiche e molestie indicibili; non potendovi contentare il goder che fate in ciascuno di quei momenti, state sempre aspettando un goder maggiore e più vero, nel quale consista in somma quel tal piacere; e andate quasi riportandovi di continuo agl'istanti futuri di quel medesimo diletto? Il quale finisce sempre innanzi al giunger dell'istante che vi soddisfaccia; e non vi lascia altro bene che la speranza cieca di goder meglio e più veramente in altra occasione, e il conforto di fingere e narrare a voi medesimi di aver goduto, con raccontarlo anche agli altri, non per sola ambizione, ma per aiutarvi al persuaderlo che vorreste pur fare a voi stessi. Però chiunque consente di vivere, nol fa in sostanza ad altro effetto né con altra utilità che di sognare; cioè credere di avere a godere, o di aver goduto; cose ambedue false e fantastiche.



Tasso. Non possono gli uomini credere mai di godere presentemente?



Genio. Sempre che credessero cotesto, godrebbero in fatti. Ma narrami tu se in alcun istante della tua vita, ti ricordi aver detto con piena sincerità ed opinione: io godo. Ben tutto giorno dicesti e dici sinceramente: io godrò; e parecchie volte, ma con sincerità minore: ho goduto. Di modo che il piacere è sempre o passato o futuro, e non mai presente.



Tasso. Che e quanto dire e sempre nulla.



Genio. Così pare.



Tasso. Anche nei sogni.



Genio. Propriamente parlando.



Tasso. E tuttavia l'obbietto e l'intento della vita nostra, non pure essenziale ma unico, è il piacere stesso; intendendo per piacere la felicità; che debbe in effetto esser piacere; da qualunque cosa ella abbia a procedere.



Genio. Certissimo.



Tasso. Laonde la nostra vita, mancando sempre del suo fine, è continuamente imperfetta: e quindi il vivere è di sua propria natura uno stato violento.



Genio. Forse.



Tasso. Io non ci veggo forse. Ma dunque perché viviamo noi? voglio dire, perché consentiamo di vivere?



Genio. Che so io di cotesto? Meglio lo saprete voi, che siete uomini.



Tasso. Io per me ti giuro che non lo so.



Genio. Domandane altri de' più savi, e forse troverai qualcuno che ti risolva cotesto dubbio.



Tasso. Così farò. Ma certo questa vita che io meno, è tutta uno stato violento: perché lasciando anche da parte i dolori, la noia sola mi uccide.



Genio. Che cosa è la noia?



Tasso. Qui l'esperienza non mi manca, da soddisfare alla tua domanda. A me pare che la noia sia della natura dell'aria: la quale riempie tutti gli spazi interposti alle altre cose materiali, e tutti i vani contenuti in ciascuna di loro; e donde un corpo si parte, e altro non gli sottentra, quivi ella succede immediatamente. Così tutti gl'intervalli della vita umana frapposti ai piaceri e ai dispiaceri, sono occupati dalla noia. E però, come nel mondo materiale, secondo i Peripatetici, non si dà vòto alcuno; così nella vita nostra non si dà vòto; se non quando la mente per qualsivoglia causa intermette l'uso del pensiero. Per tutto il resto del tempo, l'animo considerato anche in se proprio e come disgiunto dal corpo, si trova contenere qualche passione; come quello a cui l'essere vacuo da ogni piacere e dispiacere, importa essere pieno di noia; la quale anco è passione, non altrimenti che il dolore e il diletto.



Genio. E da poi che tutti i vostri diletti sono di materia simile ai ragnateli; tenuissima, radissima e trasparente; perciò come l'aria in questi, così la noia penetra in quelli da ogni parte, e li riempie. Veramente per la noia non credo si debba intendere altro che il desiderio puro della felicità; non soddisfatto dal piacere, e non offeso apertamente dal dispiacere. Il qual desiderio, come dicevamo poco innanzi, non è mai soddisfatto; e il piacere propriamente non si trova. Sicché la vita umana, per modo di dire, e composta e intessuta, parte di dolore, parte di noia; dall'una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell'altra. E questo non è tuo destino particolare, ma comune di tutti gli uomini.



Tasso. Che rimedio potrebbe giovare contro la noia?



Genio. Il sonno, l'oppio, e il dolore. E questo è il più potente di tutti: perché l'uomo mentre patisce, non si annoia per niuna maniera.



Tasso. In cambio di cotesta medicina, io mi contento di annoiarmi tutta la vita. Ma pure la varietà delle azioni, delle occupazioni e dei sentimenti, se bene non ci libera dalla noia, perché non ci reca diletto vero, contuttociò la solleva ed alleggerisce. Laddove in questa prigionia, separato dal commercio umano, toltomi eziandio lo scrivere, ridotto a notare per passatempo i tocchi dell'oriuolo, annoverare i correnti, le fessure e i tarli del palco, considerare il mattonato del pavimento, trastullarmi colle farfalle e coi moscherini che vanno attorno alla stanza, condurre quasi tutte le ore a un modo; io non ho cosa che mi scemi in alcun parte il carico della noia.



Genio. Dimmi: quanto tempo ha che tu sei ridotto a cotesta forma di vita?



Tasso. Più settimane, come tu sai.



Genio. Non conosci tu dal primo giorno al presente, alcuna diversità nel fastidio che ella ti reca?
Tasso. Certo che io lo provava maggiore a principio: perché di mano in mano la mente, non occupata da altro e non isvagata, mi si viene accostumando a conversare seco medesima assai più e con maggior sollazzo di prima, e acquistando un abito e una virtù di favellare in se stessa, anzi di cicalare, tale, che parecchie volte mi pare quasi avere una compagnia di persone in capo che stieno ragionando, e ogni menomo soggetto che mi si appresenti al pensiero, mi basta a farne tra me e me una gran diceria.



Genio. Cotesto abito te lo vedrai confermare e accrescere di giorno in giorno per modo, che quando poi ti si renda la facoltà di usare cogli altri uomini, ti parrà essere più disoccupato stando in compagnia loro, che in solitudine. E quest'assuefazione in sì fatto tenore di vita, non credere che intervenga solo a' tuoi simili, già consueti a meditare; ma ella interviene in più o men tempo a chicchessia. Di più, l'essere diviso dagli uomini e, per dir così, dalla vita stessa, porta seco questa utilità; che l'uomo, eziandio sazio, chiarito e disamorato delle cose umane per l'esperienza; a poco a poco assuefacendosi di nuovo a mirarle da lungi, donde elle paiono molto più belle e più degne che da vicino, si dimentica della loro vanità e miseria; torna a formarsi e quasi crearsi il mondo a suo modo; apprezzare, amare e desiderare la vita; delle cui speranze, se non gli è tolto o il potere o il confidare di restituirsi alla società degli uomini, si va nutrendo e dilettando, come egli soleva a' suoi primi anni. Di modo che la solitudine fa quasi l'ufficio della gioventù; o certo ringiovanisce l'animo, ravvalora e rimette in opera l'immaginazione, e rinnuova nell'uomo esperimentato i beneficii di quella prima inesperienza che tu sospiri. Io ti lascio; che veggo che il sonno ti viene entrando; e me ne vo ad apparecchiare il bel sogno che ti ho promesso. Così, tra sognare e fantasticare, andrai consumando la vita; non con altra utilità che di consumarla; che questo e l'unico frutto che al mondo se ne può avere, e l'unico intento che voi vi dovete proporre ogni mattina in sullo svegliarvi. Spessissimo ve la conviene strascinare co' tarla in sul dosso. Ma, in fine, il tuo tempo non è più lento a correre in questa carcere, che sia nelle sale e negli orti quello di chi ti opprime. Addio.



Tasso. Addio. Ma senti. La tua conversazione mi riconforta pure assai. Non che ella interrompa la mia tristezza: ma questa per la più parte del tempo è come una notte oscurissima, senza luna né stelle; mentre son teco, somiglia al bruno dei crepuscoli, piuttosto grato che molesto. Acciò da ora innanzi io ti possa chiamare o trovare quando mi bisogni, dimmi dove sei solito di abitare.



Genio. Ancora non l'hai conosciuto? In qualche liquore generoso.

mercoledì, settembre 26, 2007

(Re)-Action

Autoscatto mattutino in tenuta da studio
E' successo. Di nuovo. Lo aspettavo. Avevo quasi perso le speranze. Ma è successo. Di nuovo. Ho reagito. E' finito il tempo di piangersi addosso. E' finita l'epoca delle crisi. Da oggi la vita la mordo. Che sia in fase di partenza o in fase di arrivo, che sia corsa in avanti o che sia rimasta un pochino indietro, che sia il momento di seminare o quello per raccogliere, che io viva alla giornata o sia momento di progetti, da oggi la vita la mordo. Come ho sempre fatto.
Bentornata Giulia. Mi sei mancata.

giovedì, settembre 20, 2007

Nel cuore della notte in una casa buia da qualche parte nel mondo (ovvero sulle crisi post-visione)


"Mi domando se esista qualcosa di più orribile di un marito e una moglie che si odiano"
Bergman parte proprio da questa frase di Strindberg per narrare l'odissea di una coppia fotografata durante i dieci anni che partono dal loro decimo anniversario di matrimonio. "Scene da un matrimonio" è nato come film per la tv , ma successivamente ne è uscita una versione ridotta per il cinema : una seduta psicoanalitica di due ore e quaranta da cui sono uscita dapprima completamente turbata poi estremamente rinnovata. Il potere di Bergman è immenso, perlomeno su di me. Un film sull'impossibilità dell'amore, sulla solitudine cercata e forzata degli uomini contrapposta al desiderio di contatto fisico e al bisogno degli altri o, nel caso specifico, dell'altro. L'altro come ricettacolo di speranze svanite, frustrazioni e mancate ambizioni, come proiezione delle proprie debolezze. L'impossibilità di amare se stessi (anche se i personaggi negli anni maturano una diversa consapevolezza del sè e sembrano arrivare a conoscersi meglio e quindi ad accettarsi)e gli altri indipendentemente dal ruolo che essi rivestono nel nostro mondo: mariti, mogli,genitori, figli.



"Non siamo che analfabeti dal punto di vista sentimentale. Ci hanno insegnato tutto ma non ci hanno insegnato una sola parola sulla nostra anima. L'ignoranza su noi stessi è praticamente totale"

Insomma se avete paura di ascoltarvi e scoprire qualche pensiero che non avreste voluto mai arrivare ad elaborare non guardatelo. Potrebbe innescare una crisi inutile. Meglio continuare a preferire" l'arte di nascondere la spazzatura sotto il tappeto" (titolo di uno dei sei capitoli del film). Questo era il momento migliore nel mio caso per vedere il film con il dovuto distacco (e soprattutto senza coinvolgere nessuno nella mia crisi personale post visione).

"Credi che viviamo in una totale confusione? Credi che dentro di noi si abbia paura perché non sappiamo dove aggrapparci? Non si è perso qualcosa di importante? Credo che in fondo c'è il rimpianto di non aver amato nessuno e che nessuno mi abbia amato".


A proposito di crisi post-visione.Non vi è mai capitato di andare al cinema e vedere uno di quei film che ti spingono verso il solipsismo più esagerato, verso la libertà (fittizia) e la completa realizzazione del sè senza se e senza ma (e soprattutto senza mogliemaritifidanzatiseriblablabla).
Non Bergman, cose più easy, quella filosofia spiccia che ti fa prendere i cinque minuti. Insomma finisce il film. Ecco si accendono le luci. Voi siete tutte rimescolate dentro per tutto quel bombardamento di parole emozioni amori. Si accendono le luci e vi trovate lì. Sedute in mezzo a una sala piena di gente che voi non vedete perchè troppo prese da questo mood rivoluzionario. PIan piano realizzate che non siete sole, ma vicino a voi sta seduta la persona con cui siete andate al cinema, che nel peggiore dei casi è il vostro compagno. Una figura che istante dopo istante inizia ad acquistare un peso enorme e come un blob nero vi circonda e vi soffoca con il suo volume. Non respirate. Guardate la gente che si alza. Il povero malcapitato vi sta guardando in attesa di una reazione. Niente. Voi siete lì ferme a pensare che di fondo non vorreste far altro che scappare. Guardate dove sono le uscite di sicurezza. VI sentite in prigione. Vi maledite per tutte le scelte sbagliate che avete fatto. VI sentite immobilizzate da una vita che non vi appartiene. I pensiere vanno a mille, non riuscite a stare dietro alla rivolta nella vostra mente che vuole vendetta. Vuole una nuova vita in cui rinascerete come una nuova eroina moderna (con tanto di katana di hattori hanzo nella migliore delle ipotesi). La realtà vi richiama all'ordine. Il losco individuo vi segue in silenzio. Uscite dal cinema. Accendete una sigaretta. Recuperate quel briciolo di maturità che avete guadagnato coi punti del conad. E iniziate a pensare che forse tutto quello di cui avete bisogno ce l'avete già. O che la vostra vita di fondo non è proprio da buttare, certo non sarà easy rider ma pure loro fanno una brutta fine. O che non c'è nente di più bello che andare a dormire nell'abbraccio protettivo di qualcuno che vi ama veramente. Volete sapere come si chiama tutto questo? C'è chi la chiama maturità. Io la chiamo L'arte di buttare la spazzatura sotto il tappeto. Ma vi prego continuate a farlo. Quando decidi di pulire sotto il tappeto non sai mai cosa ci trovi. E soprattutto tolto il tappeto la prima volta sembra quasi impossibile recuperarne uno nuovo sotto cui allegramente riporre i propri pensieri (qualcuno di voi ne ha uno per me?). Perchè diciamo la verità: non semrpe tutti i pensieri vanno ascoltati e non sempre ascoltarsi troppo è la soluzione. Morale della favola: imparate ad ascoltarvi, ma con moderazione. E soprattutto smettetela di andare a vedere quei film se non avete ancora imparato a gestire la crisi post-visione.

martedì, settembre 18, 2007

Back to the Trash!

Oggi è passato di qui il caro Vronskij per un caffè e mi ha gentilmente omaggiata con un preziosissimo libro "Seriously Bad Album Covers!", una raccolta delle più brutte copertine di album mai usciti nella storia della musica. Ora il libro inizia dicendo: la copertine degli album sono morte. Prima sono morte con l'avvento del cd, ora sono morte del tutto con la digitalizzazione della musica. Per questo l'autore, da serio collezionista di vinili quale è, decide di pubblicare un libro in cui raccoglie le copertine più trash per temi, in modo da offrire la possibilità anche alla mp3generation di apprezzare la creatività degli artisti del 33 giri. Vi propongo una selezione molto personale dei migliori pezzi che ho trovato come immagini digitali (la prima intenzione era quella di fotografare il libro, poi qualcuno che si fida del web più di me mi ha consigliato di googolizzarli ed effettivamente ne ho trovate parecchie...). Adesso tocca a voi amici lettori eleggere la migliore copertina trash. Votate, Votate, Votate.

Chi più ne ha più ne metta
Belli e dannati (il cantante ci credeva)
Adorabile, un Pupo latinoamericano
Per un Natale un pò diverso
Magia del fotomontaggio
Il mio preferito, notate il baffo
E voi che ascoltate le Pipettes
La mia musa. Guardate con che stile tiene la scarpa in mano pronta al tiro. E poi il titolo dell'album è Back to the shit....
La primavera del Botticelli

b-DAY


Il Mattatoio compie un anno. Il mood un anno fa era completamente diverso. Stavo per cominciare qualcosa. Adesso penso solo a dover finire qualcosa. Il Mattatoio compie un anno e raggiunge le 20000 visite. Tanti auguri MATTATOIOn°5.



Here we are
Stuck by this river,
You and I
Underneath a sky
that's ever falling
down, down, down
Ever falling down.
Through the day
As if on an ocean
Waiting here,
Always failing to
remember why we
came, came, came:
I wonder why we came.
You talk to me
as if from a distance
And I reply
With impressions
chosen from another
time, time, time,
From another time.

L'altra notte ho sognato di stare immobile su una striscia di sabbia stretta da due corsi d'acqua pieni di pesci che nuotavano velocissimi in direzioni opposte. Poi ho sentito questa canzone. E mi è sembrata della stessa sostanza di quel sogno. By this river- Brian Eno.

lunedì, settembre 17, 2007

Tell me why....I don't like Mondays

Questo video rientra nella top ten dei miei video preferiti. Troppo trash, troppo attuale (certo non la giacca di Geldof ma tutto il resto sì...avete visto gli occhiali da sole...li voglio).Ah comunque il messaggio era...odio i lunedì.

venerdì, settembre 14, 2007

questa volta si parla di.....me



Che novità il fatto che sia me stessa il mio argomento preferito. Oggi vi propongo un'analisi semiseria su cosa non sono mai stata (e ogni tanto mi farebbe comodo essere). Se l'analisi fosse seria vi parlerei della mia totale incapacità a mentire. Mi si legge in faccia sempre tutto quello che mi passa per la testa e, nel caso non si vedesse apertamente, sono sempre pronta a ribadirlo a parole. No, non si tratta di questo. Si tratta di un atteggiamento, tipicamente femminile ma molto spesso anche maschile, che mischia entusiasmo, volontà di credere, osannazione. Mmm. Ok. Non avete capito nulla. Provo a farvi degli esempi. Situazione numero uno: tipo racconta fatti aldilà della credibilità umana e la tipa lo guarda con occhi ammirati esprimendo tutto il suo divertito entusiasmo. Voi dite la tipa è stupida. No. la tipa è più furba di me. Regola numero uno. agli uomini piace essere ascoltati e in un certo senso osannati. Si rompono le palle di una che li smonta continuamente e il rischio è sempre quello di risultare poco simpatiche e addirittura noiose(lietmotiv della mia vita). Situazione numero due. Il sognatore. Avere a che fare con un sognatore per me è sempre stato un enorme problema. Il sognatore vede l'impossibilità di sognare come una mancanza di sensibilità, in poche parole tu mi guardi con fare materno di fronte ai miei sogni io ti considero una cinica e arida matrona razionale. regola numero due: essere accondiscendenti e moderare l'istinto. Sono allergica alle cazzate, vedo sempre le cose nella loro fattibilità ma questo di certo non intacca la mia sensibilità (o la mia capacità ad ammettere quando sbaglio nel mio giudizio).Sognare non implica essere sensibili, nè essere sensibili implica il poter sognare. Situazione numero tre: a tavola con qualche personaggio che crede in cose assolutamente estrose e facilmente falsificabili. Ammetto di essere peggio di San Tommaso, ma non posso manifestare il mio interesse di fronte a discipline basate su fondamenti alquanto improbabili (che di lì a poco si rivelano sempre fregature abissali). regola numero tre: mostrare interesse. sempre e comunque. Cercare di salvare il mondo dalla stupidità (e dalla creduloneria) è una battaglia persa in partenza e porta solo frustrazione. Chiedete ad Odifreddi.

Il fatto è che quest'atteggiamento nei confronti del prossimo non lo risparmio neanche a me stessa. Anzi. Dopo anni e anni di pars destruens non si è ancora buttato giù un mattone nuovo. Ma per gettare le fondamenta bisogna cominciare a credere che il terreno sia buono. Che il momento sia favorevole. Credere. Bisogna cominciare a credere. Io ho paura di credere. E ho paura di sognare. Per cui la prossima volta che vi rivolgerò uno sguardo materno di fronte a una vostra idea bizzarra o cercherò di spiegarvi perchè è impossibile diagnosticare intolleranze alimentari tramite apparecchi magici, pensate a quanto mi piacerebbe essere al vostro posto. Riuscire a credere in qualcosa. E magari anche a sognare.
"Quando sarò al cospetto di Dio, lui mi chiederà: Indro, perché in vita non hai avuto fede?. Ma io gli risponderò: no, perché tu non mi hai mai fatto dono della fede?"

giovedì, settembre 13, 2007

Today Has Been Okay

Una canzone per augurarvi la buonanotte. Anche se è giorno. Anche se vi siete appena svegliati. Anche se siete lontani da qui. Anche se non vi posso accarezzare. Immaginate l'istante prima di addormentarvi. La leggerezza di quel momento. Chiudete gli occhi. Non pensate a quello che è stato. Chiudete gli occhi nel solo pensiero di poterli riaprire un altra volta un altro giorno. Magari incrociando lo sguardo che stavate cercando mentre erano chiusi.

mercoledì, settembre 12, 2007

Melancholia (ovvero un pensiero per te)

Questa foto è stata scattata un anno fa. Io e Madame a pochi giorni dalla partenza salutavamo Casale salendo sul Bruco Mela e comprando dei pesciolini rossi da lasciare in eredità. Uno è morto subito dopo. L'altro è sopravvissuto al lungo inverno. PS.Il fatto che due persone ultraventenni (e ultrametrosettantasette) abbiano deciso di fare un paio di giri sul bruco mela non dimostra nulla se non il numero di bottiglie di barbera che si possono bere alla festa dell'uva.

lunedì, settembre 10, 2007

L'homme de la nature et de la veritè


Durante la mia permanenza bostoniana mi è capitato spesso di fungere da cavia per ogni tipo di esperiementi; essendo il nostro un dipartimento di Neuroscienze gli esperimenti di tipo cognitivo erano all'ordine del giorno. Il più delle volte si trattava di spendere un paio di ore di fronte a uno schermo e tentare di prestare attenzione a quello che ti veniva chiesto di fare (il più delle volte cliccare su lettere semoventi, numeri a scorrimento e foto irriconoscibili) .
Tra i tanti test un giorno mi capitò una ragazza tedesca che stava cercando di elaborare dei questionari attendibili per riuscire a quantificare il libero arbitrio e soprattutto valutare quanto una scelta che possa essere legata ad un giudizio morale possa essere dipendente dal nostro background culturale. Per fare ciò mi venivano proposte diverse situazioni in cui mi sarei dovuta trovare di fronte a una scelta terribile dove qualsiasi opzione avrebbe comunque significato per me o per altri la morte o situazioni di dolore. Tutti gli scenari descritti infatti mettevano il soggetto di fronte a scelte limite del tipo mettere in salvo un neonato facendo morire numerosi anziani, o salvare se stessi o altre persone care a favore di sconosciuti. L'idea di quantificare, ad esempio, quanto il nostro giudizio sia influenzato dalla quantità è un tema ricorrente nelle neuroscienze. Da studi comportamentali su primati emerge quanto di fronte ad una scelta (del tipo scegliere tra due tipi di succhi diversi o tra sostanze zuccherine e acqua) l'idea di quantità la faccia un pò da padrona. Ma quando ci troviamo di fronte ad una scelta di tipo morale, ossia salvare un neonato e far morire un certo numero di anziani, quanto conta l'elemento quantitativo, in qeusto caso il numero di anziani che potrebbero morire? Lo stesso discorso si potrebbe applicare nel caso dovessimo salvare una persona sana a fronte di un certo numero di persone malate o salvare una persona cara a favore di sconosciuti.
Di fondo, data la banalità quotidiana dal nostro vivere, non ci aspettiamo (o lo speriamo) di trovarci a dover utilizzare il nostro libero arbitrio in modo da condizionare così fortemente la vita degli altri. Ma se il nostro quotidiano è banale, anche il male lo è. Oggi mentre leggevo "il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima" di Armando Massarenti ho dovuto ammettere che niente come questo fatto storico riportato avrebbe potuto speigare quanto quel questionario andasse a toccare in vivo la nostra capacità di giudizio.

LA SCELTA IMPOSSIBILE DI HANNAH

Una volta Hannah Arendt riferì di questo caso terrificante. Al capo di un gruppo di ebrei in Lituania un ufficiale della Gestapo disse: "Hai la responsabilità egli ebrei che vivono qui, loro si fidano di te, amministri al loro vita, sei il capo dell acomunità ebraica, nominato da noi. Dacci i loro nomi e indirizzi. Naturalmente potremmo scoprirli anche senza il tuo aiuto, ma ci vorrebbe più tempo. Se fai questo per noi ti lasceremo andare, e potrai portare con te altre 72 persone. Se non lo fai sai cosa succederà, a te e agli altri".
Dunque si tratta di scegliere 72 persone da salvare. Di fronte a un compito del genere non si può che restare paralizzati. E infatti Hannah Arendt concludeva che non abbiamo il diritto di fare nulla. Non si tratta con il diavolo. L'unica soluzione è dire non ci sto e farsi uccidere.
Eppure, anche in una situazione così estrema si possono immaginare possibilità diverse. Isaiah Berlin ne ha indicate altre tre. La prima scelta, dignitosissima, è suicidarsi. La seconda è dare i nomi, dopo di che avvertire tutti del pericolo perchè possano fuggire, anceh se la possibilità di fuga è minima e si finirà probabilmente per essere uccisi. L'ultima scelta è accettare: ci si mette in salvo con altre 72 persone.
Cosa scegliere? "In una situazione così estrema" commentava Berllin "nessuna tto delle vittime può essere condannato. Qualunque decisione si prenda, deve essere ritenuta pienamente legittima. Dare giudizi sulle decisioni e sulle azioni di chi si è trovato in una situazione così spaventosaè segno di indicibile ignoranza da parte di coloro che non vi si sono trovati. Lode e biasimo sono fuori posto: non si applicano le normali cateogrie morali. Tutte e quattro la scelte non possono che essere elogiate."
Un uomo ha fatto veramente la scelta di salvare se stesso e altre 72 persone. Fu assassinato in Israele da un parente di uno di quelli che aveva abbandonato.

giovedì, settembre 06, 2007

Memorie dal sottosuolo



Ho mal di testa. E' tutto il giorno che ascolto Politik dei Coldplay a rotazione (e non è il motivo del mal di testa o forse sì non so). Sono rognosa. Non riesco a studiare. Non riesco a trovare la mia colpa. Sono ossessionata dall' espiazione in questi giorni. Voglio un motivo. Cerco una causa. Non può essere solo la mia testaggine di cazzo. Ci deve essere qualcosa d'altro sotto.
Dove sta il mio peccato originale?


Dillo, dai dillo. Che è tutta una copertura da finta intellettuale per non ammettere che in questo periodo non ho voglia di fare niente. E tu dillo forte. Che sono troppo cervellotica per poter godere di qualsiasi cosa. E voi dite dite. Che sono assolutamente paranoica. Ecco perchè ho mal testa. Perchè la mia testa è un anfiteatro dove un coro greco si diletta ad urlare il suo sdegno.


"Vi giuro, signori, che aver coscienza di troppe cose è una malattia, una vera e propria malattia. Eppure sono convinto che non soltanto una coscienza eccessiva, ma la coscienza stessa è una malattia."
F.M. Dostoevskij
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Nella foto il progetto di Etienne Louis Boullée (1728-1799) per il cenotafio di Newton. "O Newton, come con la vastità della tua sapienza e la sublimità del tuo genio hai determinato la forma della terra, cosí ho concepito l’idea di racchiuderti nella tua stessa scoperta". Il progetto non fu mai realizzato.

mercoledì, settembre 05, 2007

Freaks



Nel 1932 Tod Browning firma quello che è considerato dai più il suo capolavoro: Freaks, fantastico e inquietante ritratto sulla diversità (reale o apparente che sia) , prendendo come soggetti veri e propri "freaks" prestati al cinema dal mondo del circo. La visione notturna di questo classico ha in qualche modo influenzato la mia lettura mattutina del Corriere (che dopo un anno di esilio posso leggere in versione cartacea con molto piacere dei miei polpastrelli).

Eccoli qui i nuovi Freaks, i nuovi fenomeni da baraccone, non più rinchiusi e protetti da un tendone da circo ma stamapati nero su bianco su un quotidiano a tiratura nazionale:

-da pag 18-Pocahontas è incinta. Per chi non sapesse chi si cela dietro questo evocativo nomignolo, si tratta di tale Francesca Zenobi (29 anni dichiarati...ti piacerebbe...)resa celebre dal terribile menage dell hotel Flora tra il deputato Mele, una ragazza russa e la nostra Pocahontas che cavalcando l'onda di popolarità improvvisa (dovuta unicamente al fatto che si trovava collassata su di un pavimento di moquette) indice una conferenza stampa per annunciare al mondo la sua presunta maternità. La conferenza stampa non va a buon fine, causa dubbia location, per cui il giornalista del corriere le telefona direttamente sul cellulare mentre lei si trova in viaggio tra Venezia e Roma. Alla fine della telefonata Pocahontas ci confida che il suo vero sogno è fare la giornalista. CHissà che il Corriere non abbia già pronto un posto in redazione.

-da pag 21-Moggi da Lourdes ci rassicura sul suo stato d'animo: "La fede mi ha aiutato a superare il periodo brutto, riavrò il mio posto nel calcio. Sono religioso- ha aggiunto- questi sono i posti miei".Ho appena scoperto che Tarcisio Bertone è juventino. Propogo quindi uno scambio equo tra mondo del calcio e Vaticano. Bertone prende il posto di Moggi e Moggi diventa segretario di stato vaticano. Pensate ci sia molta differenza?

-da pag 3- Rapimento (che stamattina si rivelerà finto come previsto ) nel pavese. Il giornalista di turno intitola le sue quettro colonne "Voglia di apparire e mutui, la vita normale di Paolino", perchè si sa ormai per essere considerati normali bisogna avere come uniche priorità entrare a far aprte di un reality show e vivere al di sopra delle proprie possibilità. La magia del credito a consumo. Ho appena detto a mia mamma che se mi dà 2000 euro subito le evito tutto il casino di comparire sui giornali e la polizia in casa.

-da pag 11 e miliardi di altre pagine- Sarà uan settimana che il Corriere ci allieta con fotocronistorie del senatur Bossi con pregiate didascalie che ripercorrono i quasi ventanni di parole buttate al vento (e non solo). Qualche giorno fa il senatur in mutande e canottiera spopolava nel paginone centrale tipo Playboy. Mi sono immaginata di leggere il Corriere all'estero, chissà cosa avrebbero potuto pensare i miei vicini . Strani gusti questi italiani, dopo lo scandalo della mercificazione femminile nelle pubblicità sono passati all'uomo ruspante.

NdR:Il quotidiano in questione è di ieri mattina.