Mentre guardi Gloria Swanson scendere quella lunga scalinata di marmo in mezzo ai fotografi e alle luci provi sentimenti molto contrastanti. Un parte di te vorrebbe fermarla, risparmiarle quell'ultima umiliazione. Ma quella parte di te che più ti conosce sa quanto sia inevitabile tutto questo. La pena di chi non riesce ad adattarsi. A mutare se stesso per sopportare il mutevole. Per chi si stesse chiedendo da cosa nasce quest'ultimo delirio sto parlando di
Viale del tramonto, celebre film di Wilder del 1950, dove una splendida
Gloria Swanson, regina del cinema muto, ricompare sulla scena dopo vent'anni di assenza ad interpetare una sorta di splendida e grottesca autobiografia. Quanta ironia c'è nel declino. E quante proiezioni abbiamo di noi stessi che cambiamo certo, ma non sempre in meglio. La percezione è quella di camminare lungo un percorso di statue di marmo. Bisogna imparare a distruggere quelle che fanno troppa ombra sul presente.
Con una bic profumata
Da attrice bruciata
“La guerra è finita”
Scrisse così.
2 commenti:
Hai fatto delle osservazioni preziose, Brava!
Di quella scena "finale" mi ha sempre impressionato il tentativo del primo marito di Norma, il regista, di fingere un'ultimissima ripresa. Atroce quando lei si mette in posa per il primo piano e si fa largo con uno sguardo folle e con le mani feline. L'ultima scena, il primo piano, è sfuocato. Con la tua lettura il tutto diventa ancor più tragico.
Post del mese! Ah, starei ore a dissertar di "Viale del Tramonto", puro Cinema della Crudeltà...Sottoscrivo ogni tua parola.
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